domenica 27 novembre 2011

Il giorno dopo


Stamattina ho vomitato la bile. E’ un liquido di colore giallo-verde che esce dal fegato quando non ne può più di smaltire alcool. Fino a poco fa pensavo che stavo per morire e avevo paura. Ma ora sto peggio perché mi sono reso conto che non morirò così facilmente. Sono steso su un letto scomodo di una stanza polverosa. Sento un trapano perforarmi il cervello.

Non sono i muratori che lavorano qui fuori dalle sei di mattina in poi, è proprio il mio cervello. Tutto ciò che vorrei è puntarmi, in quel preciso punto del cranio, una pistola e fare clic.

Ripenso a come mai ogni notte devo aspettare l’alba bevendo e discutendo coi miei simili per strade opache e tristi, entrando in quei bar appena aperti per le colazioni di gente che va a lavorare. Li vedi li col cappuccino e un cornetto glassato ficcato in bocca. E ridi.

Ieri notte mi trascinavo come una lumaca sull’asfalto spingendo un carrello pieno di bottiglie e lattine di birra. A un certo punto ho preferito restare solo, alcuni miei amici a un certo punto diventano troppo sensibili, non reggono i miei discorsi forse e scoppiano a piangere. O forse scoppiano in lacrime per qualche altro motivo.

Ripenso anche a come ho fatto ad entrare in quella specie comunità di tossici.

Basta poco : io ero in via Verzieri a zonzo e facendomi i cazzi miei una volta tanto, ma l’occasione ti viene a prendere anche lì. Passa a prenderti ti porta con sé. Come dei flash rivedo le ore passate a Scampia. Rivedo noi ubriachi in macchina a cercare crack, a marciare per le vie del marciume. Rivedo la scritta all’ingresso : “se non trovi la bellezza, cercala dentro di te”.

Ho paura che dentro di me ci siano solo insetti e topi morti.

Come ho fatto ad entrare in quel buco fetido?

C’era una puttana per strada intenta ad aiutarci a trovare il crack. L’avevamo fatta saltare in macchina e ci portò subito sotto un palazzo enorme. Era la nostra guida spirituale, il nostro Virgilio. Sembrava davvero una di quelle puttane ottimiste e di sinistra. Non so come eravamo annebbiati e la puttana ci conduceva attraverso un drappo scuro sudicio appeso a un muro. Cumuli di rifiuti coprivano tutto, lacci emostatici, merde di cane, puzza di aids. E dalla fessura buia di uno di quei muri di cemento usciva un grassone, come fosse stato il protettore della mignotta, intento a fumare con noi senza aspettare inviti.

E’ strano poi in che modi strani si cerca di riparare ai danni cerebrali fatti.

Per calmarci la puttana ci consigliava di acquistare dell’ottimo Cobret tornando alla base. Ovviamente noi eravamo ragazzi coscienziosi e non potevamo fare altrimenti che accettare l’offerta.

Poi ricordo che il mio amico si era messo a piangere per aver perso una bottiglia di gin.

Una delle prime cose che ho fatto stamattina è stata frugarmi addosso per vedere cos’avevo ancora e l’unica cosa che ho trovato è stata il mio portafogli, pieno di scontrini, e completamente privo di carte di qualsivoglia valore.

Mentre scrivo vado velocemente al cesso a vomitare un po’ di schiuma.

Inciampo in un materasso e sbatto col piede contro la testa di Tony.

Stasera dobbiamo suonare in un locale e io sto male. Pure lui pare mezzo morto. Ma in qualche modo dobbiamo pur campare, mi ritorna in mente il fatto che la mia stanza buia e polverosa è in affitto e non so quando dovrò pagare la mensilità ma a breve.

Mi rimetto a letto, chiudo totalmente la tapparella, gli operai fuori continuano a fare un rumore infernale ma è quasi notte, devono essere le cinque del pomeriggio.

Sono uscito soltanto per comprare il tabacco e per mangiare qualcosa. Mi sono trascinato fino a una specie di panificio ed ho chiesto un panino caldo. Il ragazzo del negozio mi ha guardato in faccia spaventato ed ha consultato il proprietario. Subito dopo è tornato con due panini belli fragranti infilati in una busta di carta e non ha voluto essere pagato. Da non so cosa aveva capito che non avevo soldi e che stavo morendo.

Ottima cosa. Per avere un po’ di bontà dalla gente devi aspettare di crepare.

Ho divorato letteralmente i panini e ho bevuto a una fontana dove poco prima si era dissetato un cane. Mi sono sentito felice e appagato per quel poco come se in quel momento tutto il mondo stesse mostrando il suo lato buono.

Ero una merdina. Deambulavo come una foglia secca con un’espressione stranamente leggera e sofferente. Un folle.

Mi adagiavo come un escremento di cane sui marciapiedi.

Mi sostenevo sui cestini dell’immondizia lungo il prestigioso corso Vittorio Emanuele di fronte alla libreria Feltrinelli. Ogni mamma che passava raccomandava al suo bimbo di non diventare da grande come me. – Guarda Luca c’è l’uomo nero .- . – Mattia non ti avvicinare troppo al signore -.. – Francesco non indicare… - .

Sono tornato a casa completamente esausto e ora non ho altro che il trapano nel cranio e il letto polveroso. E solo qualche ora di tempo per stare un po’ in coma prima di andare a suonare in quel locale.

Ho una situazione instabile e in sospeso con una donna, spero non mi chiami ora. E infatti mi chiama, c’è il cellulare che squilla e si aggiunge al trapano nel cranio e ai martelli degli operai Non so cosa riesco a dirle.

Tutto questo malessere è anche colpa delle scopate che faccio.

Tre sere fa Martina mi ha chiamato, mi ha chiesto di fare un salto da lei.

Abbiamo scoperto di essere talmente di poche parole che per occupare il tempo abbiamo dovuto scopare subito, senza troppi convenevoli prima.

A letto d’un tratto mi ha preso per i capelli e mi ha portato con la faccia dentro la sua fica urlando –Lecca! Lecca ! -. Era un po’ irruenta ma la lasciavo fare. Con un salto mi è salita sul cazzo e mi ha sbattuto quelle grosse tette in faccia quasi a soffocarmi. Era un combattimento anche quello.

Ma ogni donna a un certo punto deve essere sottomessa così l’ho presa e l’ho messa a quattro zampe iniziando a stantuffare con colpi secchi e decisi nel suo deretano. Godeva come una troia mi pareva, ma il fatto è che le venni dentro. Ero un pezzo di merda. Si infilò nel cesso e tornò innervosità poco dopo dicendo di aver già avuto un aborto di recente.

Fumava nervosamente la sua sigaretta in accappatoio. Io ero ancora sul letto con l’uccello di fuori e attingevo ampie sorsate dalla bottiglia di vino sul comodino. La osservavo. Mi guardava incazzata.

Erano queste le mie scopate, le mie situazioni, le mie cose.

Duravano sempre poco e ogni piacere corrispondeva sempre e comunque a una inculatura imminente. Infondo non era male. Il giorno dopo c’era sempre qualcosa di peggiore.

sabato 12 novembre 2011

VENITE !

Marciare per le vie
Del marciume.
Marcire.
Commerci lerci
tra merci fradice naufragate
Faglie putride sterpigne,
Di rogna di fogna
Incancrenite.
Qui sopra alla porta
stagna una scritta:
Venite!

CHI RIDE E' UN POVERO PAZZO

Chi ride è un povero pazzo…
A volte mia anima è fatta di scontrini
Non ho migliori carte che farmi un drink
E chi ride è un povero pazzo.

Sei un pazzo quando sei solo
Essere soli da una vita vuol dire che sei sbagliato
Essere fatti di non essere
Vuol dire che è finito il teatrino di mostrare
Prima che si possa sollevare.


Trema di rancore la terra
E freme di fuoco e carne e trama
Rabbiosa carne
Tradisce arde brucia brama stranisce
A frotte
Strana…l
A picco crolla
una frana
ti rinchiude ti intrappola
negli antri di del ventre
di un manto scuro.

E stati agitati
Ricoprono la notte scura
E piu buia del niente
Finisce in un bicchiere di vetro che perde….
E crepa di rantoli e rabbia
E sento ancora il mio respiro
Ma non ho paura.