domenica 25 ottobre 2009

Vita da baratro (1)

“E’ un sabato qualunque,
un sabato irpino,
la gente dov’è andata?
Si è già impiccata. “

E’ curioso come ci sono tanti destini diversi, tante situazioni differenti nel medesimo momento. Come il fatto che stasera mi sono perso e sono rimasto in macchina davanti a un incrocio per ore, perché c’è la nebbia e non si vede niente. E ‘ una notte stronza in cui anche la luna preferisce trafficare di nascosto. Per un’anima sola l’unico rifugio è il bar.
- C’è un bar che mi vuole bene – diceva Francesca prima di andarsene.
Si sbagliava. Ma mi piaceva sentirglielo dire. Gli amici se ne vanno in fretta e le donne prima ancora. Tutti sono in grado di voltarti le spalle in questo mondo, tranne la tua testa, ma a volte, anche quella. I bar sono solo un contorno di illusione e delusione. Prima o poi tutti se ne vanno, ogni cosa che ami scompare, alla fine.
Il morire lento per strada al freddo, di bar in bar, di marciapiede in marciapiede, tra tubi di scappamento e vetrine. Il morire in macchina andando in giro tra strade abbandonate e bagnate di pioggia. Andando in cerca di un rifugio, il tuo angolino notturno, con un camparino e una nuvoletta di fumo. Prima o poi nel mio angolino ci torno sempre.
E’ l’unica salvezza. Tornare lì e appoggiarsi alle spalle di un amico. Evitare il trambusto di locali chiassosi e affollati in solitudine. Trovare scampo dove scampo non ce n’è, lasciare che tutto vada al diavolo come già ci sta andando.
E’ un continuo morire, tra un morire di parenti, amici ed entusiasmo. La morte è fredda, ti prende in silenzio. Direi che arriva come una puttana nella notte , e te la fa pagare. Mi avvolge quando sono sul letto che diventa la mia tomba, la mia fossa personale. Ma non mi porta terrore, solo stanchezza.
Quanti giorni mancano alla fine della mia vita? Li conto. Faccio un calcolo approssimato. Qualche migliaio. Ebbene fino ad allora dovrei spassarmela e fare tutto ciò che voglio e non rimanere in questa merda, ma è strano, alla fine anch’io mi faccio morire lentamente e sono un un uomo morto, un cadavere ambulante, di quelli che trovi al bar all’angolo a bere e che nessuno vuole salutare e che rimuginano nella propria solitudine. Il mio è un vissuto di noia mortale, di cose fatte tanto per farle, per cercare di ingannare la vita e il tempo. E’ un vissuto di tempo sprecato, di rimpianti, di rimorsi, di delusioni, ansie e depressioni. Senza nulla di esaltante da raccontare. Niente spari, niente fuochi d’artificio, solo un andare solitario inosservato.
I miei coinquilini vogliono che la casa sia pulita per portarci le loro ragazze. Si sono mai chiesti se a me frega qualcosa? Per me posso e possono anche stare nella merda, non ho nessuno da portare e nessuno mi aspetta. Non so dove andare e cosa fare. Sento solo il vuoto della mia stanza, e il vuoto della mia esistenza.
Il mio è un percorso di autodistruzione perché ammazzandomi a poco a poco ho la sensazione di sentirmi meglio e la sensazione di star distruggendo qualcosa che mi grava sulle spalle. Un vecchio errore, è in grado di perseguitarti per anni, per sempre, fino a che non torni nella fossa. Era questo che Nietsche intendeva con l’eterno ritorno . Solo che qui non ci sono stregoni o nani, ma mignotte e ladri.
Anche per questo, prima o poi nel mio angolino ci torno sempre.
E’ curioso come ci sono tanti destini diversi, tante situazioni differenti nel medesimo momento. Come il fatto che stasera mi sono perso e sono rimasto in macchina davanti a un incrocio per ore, perché c’è la nebbia e non si vede niente. E ‘ una notte stronza in cui anche la luna preferisce trafficare di nascosto. Per un’anima sola l’unico rifugio è il bar.
- C’è un bar che mi vuole bene – diceva Francesca prima di andarsene.
Si sbagliava. Ma mi piaceva sentirglielo dire. Gli amici se ne vanno in fretta e le donne prima ancora. Non c’è nessuno al mondo che non sia in grado di voltarti le spalle. I bar sono solo un contorno di illusione e delusione. Prima o poi tutti se ne vanno, ogni cosa che ami scompare, alla fine.
Il morire lento per strada al freddo, di bar in bar, di marciapiede in marciapiede, tra tubi di scappamento e vetrine. Il morire dei parenti, degli amici e della tua voglia. La morte è fredda, ti prende in silenzio. Direi che arriva come una puttana nella notte , e te la fa pagare. Mi avvolge quando sono sul letto che diventa la mia tomba, la mia fossa personale.
Quanti giorni mancano alla fine della mia vita? Li conto. Faccio un calcolo approssimato. Qualche migliaio. Ebbene fino ad allora dovrei spassarmela e fare tutto ciò che voglio e non rimanere in questa merda, ma è strano, alla fine anch’io mi faccio morire lentamente e sono un un uomo morto, un cadavere ambulante, di quelli che trovi al bar all’angolo a bere e che nessuno vuole salutare e che rimuginano nella propria solitudine. Il mio è un vissuto di noia mortale, di cose fatte tanto per farle, per cercare di ingannare la vita e il tempo. E’ un vissuto di tempo sprecato, di rimpianti, di rimorsi, di delusioni, ansie e depressioni. Senza nulla di esaltante da raccontare. Niente spari, niente fuochi d’artificio, solo un andare solitario inosservato.
I miei coinquilini vogliono che la casa sia pulita per portarci le loro ragazze. Si sono mai chiesti se a me frega qualcosa? Per me posso e possono anche stare nella merda, non ho nessuno da portare e nessuno mi aspetta. Non so dove andare e cosa fare. Sento solo il vuoto della mia stanza, e il vuoto della mia esistenza.
Il mio è un percorso di autodistruzione perché ammazzandomi a poco a poco ho la sensazione di sentirmi meglio e la sensazione di star distruggendo qualcosa che mi grava sulle spalle. Un vecchio errore, è in grado di perseguitarti per anni, per sempre, fino a che non torni nella fossa. Era questo forse che intendeva Nietsche parlando di “eterno ritorno”.

sabato 3 ottobre 2009

RESET

Reset

Ho bisogno di una sigaretta ogni dieci minuti e di una dozzina di birre al giorno per andare avanti. Anche se la mia vita, infondo, non è male. Le grane iniziano solo dal momento in cui mi sveglio al momento in cui mi addormento. Facendo eccezione per i momenti in cui sono ubriaco, nei quali sembra che tutto vada bene.Non è un’impressione quando mi sveglio tardi che il sole già vorrebbe calare, mi vedo allo specchio e mi accorgo che sto cadendo a pezzi. Che i miei occhi sono sempre più affossati, che la mia barba è sempre più incolta, che la mia faccia ha un colore giallognolo, che sono sempre più floscio, fiacco e decadente. Rispetto a qualche anno fa ho solo più chili e meno capelli, sto invecchiando, normale processo umano, e mi sento una mezzasega che si sta alzando per andare a combattere col mondo senza baionetta. In passato andavo a prendere gli antidepressivi in farmacia, l'elopram, il prozac, ma non mi facevano effetto. Ora me li calo ancora in gola ogni tanto ma soltanto accompagnati dal whisky. La mia stanza puzza di merda ed è infestata di zanzare, il letto sfatto inizia a diventare marrone, la vasca da bagno è incrostata. La pila di pentole in cucina è lorda e abbandonata e sgocciola sul lavello, e inizia a emanare un odore disgustoso. Il cesso è intasato e sporco di merda.Non ho caffè e non c’è nessuno che mi dice buongiorno .
Vorrei…dovrei…bisognerebbe…
Un cazzo!
Mando tutto a cacare, mi infilo i panni sporchi, il mio paio di occhiali da sole ed esco. Vado a buttarmi in mezzo alle strade dove mi prendono per un estraneo, perché lo sono. Mi prendono per uno sbandato, perché lo sono.Torno a casa e salendo le scale trovo il vicino che non mi saluta nemmeno. Perché sono uno sbandato.Le energie mi basteranno per continuare a salire le scale? Non lo so, credo di no.Torno nella mia stanzetta polverosa, piena di cianfrusaglie ma mezza vuota e disadorna e do un’occhiata a quella catasta di libri sulla scrivania.Facendomi spazio tra le birre e i fantasmi della sera prima apro il libro e cerco di studiare.Un paio di pagine e inizio a pensare che a volte essere bocciato è qualcosa di cui andar fiero.Mentre cerco di capire disperatamente qual è lo scopo della mia vita, perché lei non mi ha voluto, quanti soldi mi rimangano e quando devo pagare l’affitto e le bollette, in che giorno del mese sono, in che anno, e dove, e cerco una fune per impiccarmi il mondo mi parla d’altro. Il libro mi parla di aristocratici ottocenteschi froci e dei loro pensieri filosofico-politico-religiosi. Mi dicono di pagare tutte le tasse di tutte le minchiate possibili entro i fottuti termini stabiliti, di rispettare le date, di ricordarmi i miei codici, le mie password, le mie chiavi, il mio cellulare. La tv e i manifesti rosa-fucsia per le strade mi parlano di fitness, be cool, trendy, fashion, fresh, hot e tutta una serie di parole, prestiti inglesi senza senso, che servono per gonfiare i palloni. Tuttavia non è più un problema quello, perché la tv è rotta.Internet è staccato e non possono nemmeno inviarmi i trilli, i poke , le e-mail, e gli inviti a gruppi coglioni di facebook.
Reset ( prestito ) .
A volte essere bocciati non è sbagliato.