lunedì 31 gennaio 2011

Albe livide

Albe livide

di rancore

di finta libertà

da una parte all'altra

di quel bar.


La periferia è squallida.


Un'alba scolorita

si erige sul muro di cemento

del campetto da tennis.

Oltre quello

la cava di una montagna spaccata,

scie chimiche nel cielo.


I gestori del locale vomitano grappa e pasta e ceci

davanti alla porta del locale.

Il cuneo di Lucio Fontana nel blu

taglia un'altra giornata

squarciata.

La valle dell'Illness

No no.

La macchina non parte.

no no...

siamo finiti nel pantano.

Le pareti fradice ti cascano addosso

lo stomaco fa male

si sente solo puzza di fogna

e di merde ambulanti...

poche, schifose e malate .

Certi giorni morire è un sollievo.

Abituarsi alla depressione

un optional.

Che la vita già lo so

la morte no...

Il cadavere è solo immondizia

l'ultimo cruccio

sara' come smaltirmi

in quale discarica

di questa terra malaticcia.

Gli amici delle fogne

Agli amici delle fogne non interessa nient’altro che rigirarsi nel fango. Per il topo la fogna è una reggia, così è per loro. Quando il topo gira per quei cunicoli infetti e puzzolenti pensa di star facendo una passeggiata in riva ad un bellissimo fiume pieno di cibo e di cose interessanti.

Si è avvezzi a tutte le abitudini più malsane del mondo, dal gioco d’azzardo alla briscola, si passa di bettola in bettola come di tombino in tombino. Una casa sfondata e fatiscente di periferia arriva ad assumere la colorazione calda di una casa normale, la noia mortale finisce per sembrare divertimento, la ripetitività, la routine assumono l’aspetto di nuove esperienze.

Te ne accorgi solo tu, che sei un disadattato, che la provincia ti sta divorando il cervello pian piano. Il regno dei più bassi, dei peggiori ha una puzza sempre più profonda e la merda rasenta le nostre bocche, ti esce dalle orecchie; arrivano a mangiare chili di merda come se fosse cioccolata. Ma tu che sei un disadattato, un pesce fuor d’acqua pensi a salvarti il cervello soltanto rovinandoti il fegato e la salute, non vedi l’ora di scappare, non parli più con nessuno perché è inutile, non guardi film, non vai alle cene, non fai feste, non vuoi più un cazzo. Ti passa anche la voglia di scopare.

Ogni maledetto buco di provincia e di periferia è un vortice che vuole inghiottirti, gli abitanti come topi vogliono trascinarti lì e farti rimanere : chi esce dalla fogna e và verso la luce del sole è un topo traditore. La merda è il cibo e il nettare di questi sorci e guai a scappare. Non puoi sputare sulla merda che hai mangiato, non puoi voltare il deretano ai cazzi che t’hanno inculato.

Iniziare ad amare i marciapiedi, il loro squallore, la loro nullità, dormirci ubriaco di notte appoggiato a un lampione, il sapore insipido della periferia. Toccare le pozzanghere, risvegliarsi nella merda di cane, in una stanza piena di cimici con le pareti che ti cadono addosso, accorgersi di avere le piattole o l’AIDS. Bere solo robaccia, fumare solo scarti di droghe migliori, sniffare pillole schiacciate, avere la diarrea cronica. Le unghia nere, sputare sangue la mattina, grattarsi il culo, la schiena a pezzi, i piedi doloranti per le scarpe bucate. Un soldo in più per ubriacarti guadagnato faticando troppo.

La mia paga dopo 4 giorni di lavoro intenso è stata 100 euro, che non bastano nemmeno per scoparsi una puttana.

Mi fa paura che stanno tutti rinchiusi nelle grotte, nelle loro case di merda a guardare i film. Altrove c’è chi li fa e qui c’è solo chi li guarda rimbambito e inebetito.

Prendere la cittadinanza di questo paese di merda è una cosa che mi fa sorridere, nemmeno per il cazzo voglio fare qualcosa per questa fogna che deve sparire dalla faccia della terra. Questa valle triste, cupa, umida, puzzolente: il regno dei cervellini piccoli quanto quelli delle galline, zotici e tamarri.

E’ interessantissimo scoprire come ci si nutre della stessa paranoia che ti divora per andare avanti. Si fanno castelli di sabbia nella paranoia, film nella paranoia, ci si diverte nella paranoia, se ne trae una giustificazione, una motivazione. La paranoia che ti guarda dalla finestra mentre cammini sull’asfalto color del cielo di periferia provinciale. La paranoia che ti insegue nei bar alle tre di notte anche quando stai per i cazzi tuoi, nelle strade, dal tabaccaio, in pizzeria, nelle aule universitarie, nei festini super paranoici organizzati da qualche associazione di parassiti.

L’unico ad essere a tema a tutto quanto, insieme agli zoticoni ritardati è il benzinaio, che sparge quel liquido inquinante per farti andare via in macchina.

E’ lì che passo la mia vita quando non sto sul marciapiede, nella mia piccola automobile scassata, a fuggire di continuo. Non c’è un posto privo di quella paranoia stupida di cui si nutrono i topi, di quello scialbore senza senso e senza motivazioni.

Impari ad amare le fogne, ti ambienti nel pantano e diventi un topastro con le orecchie aguzze e gli occhi spiritati che si avventa su una carogna anche tu.